Organizzazione Sanitaria - n.3 - Lug-Set - 2014

2. La gestione del rischio in sanità: le variabili del rischio di modello

Saverio Cavallo, Palmierina Conte, Paolo Costantino, Mariateresa Fragomeni, Tommaso Trementozzi, Stefano Maria Mezzopera

Parole Chiave: conosco gestisco controllo, comunicazione corretta ed empatica, analisi dei rischi, paziente al centro

“Rivoltare i sassi” è la frase che, informalmente, si usa per sintetizzare l’attività del Risk Manager, il quale deve essere prima di tutto curioso e non fermarsi mai alla superficie; poi non deve spaventarsi di ciò che può trovare (rivoltando i sassi si trovano anche i vermi!) ma deve affrontare senza preconcetti ciò che trova al fine di individuare la soluzione foriera dei maggiori benefici per tutti. Dato che il tutto è al servizio della medicina, sia concesso un paragone filosofico. Nell’attività del Risk Manager, si concretizza uno dei migliori esempi di utilizzo di quel metodo scientifico che vede i nostri tempi debitori dell’antichità ellenistica, quando, ad esempio, Erofilo di Calcedonia, nella prima metà del III secolo a.C., basandosi sui risultati della dissezione, descrisse l’anatomia del cervello e scoprì i nervi, mentre l’universalmente celebrato Aristotele riteneva che la funzione del cervello fosse quella di raffreddare il sangue. Allo stesso modo il buon Risk Manager analizza i fenomeni (dati sperimentali) e i processi per giungere a risultati verificabili, sempre migliorabili e non deduce a priori da “sacri testi”.
Nell’applicazione del consenso informato si è, nella stragrande maggioranza delle aziende italiane, attenti al rischio di processo ed a quello di parametro. Le sentenze della magistratura (ahimè ancora fortemente indicatrici di priorità nella sanità) tengono sotto controllo la correttezza nella compilazione del modulo e la sua esaustività dell’informazione ma, quasi mai, tengono in considerazione il modello adottato è realmente efficace nel concorrere correttamente alle volontaria decisone del paziente rispetto l’atto proposto. Lo studio effettuato porta a concretizzare i dubbi teorici con dati indiscutibili nei quali si evince che il rischio di modello, fondamentale in un processo, risulta assolutamente disatteso secondo i 300 pazienti intervistati. Ancora una volta la carenza di comunicazione e l’assenza di controllo dei modelli adottati ci porta ad evidenziare fasce nevralgiche di rischio dalle quali si concretizzano in situazioni e, soprattutto, in conflitti che possono avere manifestazioni anche lontanissime dall’origine del rischio. Il lavoro è stato realizzato nell’ambito dei project work del Master Universitario di secondo livello “Management delle Aziende Sanitarie”, organizzato dall’Area Pubblica Amministrazione e Sanità della LUISS Business School.

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La medicina di genere

cop medicina di generea cura di Francesco Colavita

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