Organizzazione Sanitaria - n.4 - Ott-Dic - 2008

Le forme integrative di assistenza sanitaria e sociosanitaria in Italia: le ragioni e la evoluzione di un programma di interventi per il loro sviluppo

E. Guzzanti, I. Mastrobuono, D. Bova

Parole Chiave:

(Leggi dalla prima pagina)

   In Italia, come in tutti i paesi industrializzati, la spesa sanitaria e sociosanitaria sono destinate ad aumentare sia per la crescita della domanda che per l’elevarsi dei costi. I tassi di invecchiamento demografico e la conseguente cronicizzazione di molte patologie, l’evoluzione tecnologica nel campo della ricerca biomedica e dei farmaci sono solo alcuni dei fattori più significativi che incidono sull’incremento della spesa sanitaria e soprattutto sociale. Quest’ultima tenderà a crescere a ritmi sostenuti, per questo non è più possibile disgiungere i due settori, sanitario e sociale: processi di riorganizzazione nel primo non potranno non avere ripercussioni sul secondo. Si pone quindi il problema della sostenibilità finanziaria dell’intero sistema dell’assistenza pubblica, per garantire la quale non è sufficiente adottare politiche di razionalizzazione e contenimento dei costi, ma risulta necessario introdurre la possibilità di potenziare forme di finanziamento aggiuntive a quelle pubbliche, in particolare, con lo sviluppo dei fondi sanitari e sociosanitari integrativi.
   La spesa sanitaria è in crescita sia nella componente pubblica che privata e sia in termini assoluti che relativi, rendendo sempre più centrale il tema del reperimento delle risorse e della riorganizzazione dei sistemi di finanziamento. In Italia, è indicativo il fatto che la quota di spesa privata risulta la più alta tra i paesi industrializzati dotati di un sistema sanitario nazionale, e la gran parte di tale spesa è out of pocket, cioè caratterizzata da esborsi diretti dei cittadini, a differenza degli altri paesi europei in cui tale componente è più limitata. Secondo una recente ricerca dell’Agenzia per i Servizi Sanitari, il valore italiano di spesa sanitaria out of pocket si stima sia il 25% della spesa sanitaria pubblica, pari a circa 25 miliardi (Cislaghi, 2009). L’analisi dei dati relativi al finanziamento della spesa indica, pertanto, che, con o senza copertura pubblica, la domanda di prestazioni sanitarie e sociosanitarie è destinata ad aumentare, anche per le maggiori aspettative di salute e di benessere della popolazione, tendenza sempre più spiccata tra i baby boomers, e cioè coloro che sono nati tra il 1946 ed il 1964, anno nel quale si ebbe oltre un milione di nascite e dopo il quale iniziò una progressiva e marcata diminuzione. Il quadro che abbiamo di fronte vede il sistema sanitario e sociale italiano in evidente difficoltà per ragioni di sostenibilità finanziaria, mentre i finanziamenti privati delle prestazioni e delle attività immettono risorse in misura crescente, senza un’organizzazione ed una gestione coerente e coordinata.
   Per affrontare la questione occorre agire in modo strutturale, ripensando l’intero sistema dell’assistenza, a partire dalle modalità organizzative ed erogative del sistema sanitario e di quello sociale, nonché delle modalità di reperimento delle risorse. Questo non vuole dire proporre riforme non sostenibili nel tempo e radicali cambi di rotta, per esempio verso sistemi di tipo assicurativo; significa, al contrario, disegnare una strada “italiana”, che tenga conto dei punti di forza del nostro sistema universalistico ma che sia nel contempo al passo con i tempi. È fuori di dubbio, dunque, che si debbano continuare a perseguire gli obiettivi di contenimento dei costi in sanità attraverso le ben note modalità sperimentate in tutti i Paesi occidentali, e cioè:
   a) misure restrittive sul lato dell’attuale offerta (fissazione di tetti di spesa, riconversione dei piccoli ospedali, incentivazione del ricovero diurno e assistenza domiciliare, controllo dei prezzi dei farmaci, controllo del comportamento prescrittivo dei medici);
   b) riorganizzazione dell’offerta, in particolare costituendo una assistenza primaria che coordini le attività dei libero professionisti operanti nel territorio (numericamente superiori ai dirigenti del Ssn), in modo tale che, lavorando in team multiprofessionali e multidisciplinari, essi possano assistere nella comunità la grande maggioranza delle condizioni di malattia, incluse le malattie croniche, le disabilità e la conseguente non autosufficienza;
   c) aumento delle compartecipazioni ai servizi sanitari, trasferendo all’utenza in tutto o in parte il costo delle prestazioni (maggiore partecipazione finanziaria da parte del cittadino, individuazione di un pacchetto di prestazioni essenziali o di base);
   d) aumento dell’efficienza complessiva e ridefinizione delle responsabilità e dei ruoli a livello dei rapporti tra Stato, Regioni e Province Autonome, a livello delle Regioni, tra le stesse e dei soggetti erogatori delle prestazioni garantite dai Lea.

(continua)

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